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UNAGA FIRMA L’APPELLO PER LA CONVERSIONE ECOLOGICA

La sede “rigenerata” della LUMSA a Roma in via Pompeo Magno a cura della Fondazione Bioarchitettura

Su iniziativa della Fondazione Italiana per la Bioarchitettura®, alla luce dell’allarmante crisi del clima manifestatasi nel hotspot delle aree del Mediterraneo è stato lanciato l’Appello per la conversione ecologica dei territori teso a definire una strategia di azione mirata a favorire la capacità di adattamento del territorio nazionale alle, ormai inevitabili, conseguenze dei cambiamenti climatici.

Il documento condiviso da Le Carré Bleu, feuille internationale d’architecture; l’Università La Sapienza Roma – Prorettorato alla Sostenibilità; il CNAPPC – Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori; l’IN-Arch Istituto Nazionale di Architettura; Alleanza per il Clima; AzzeroCO2; Legambiente; Italian Institute for the Future; Civilizzare l’Urbano ETS e UNAGA è stato inviato alle più importanti istituzioni e cariche governative e a tutti quei soggetti pubblici e privati che condividono intenti e finalità della Fondazione.

In un momento storico in cui la “Casa Comune” vive una condizione di forte fragilità, e in cui le catastrofi dovute ad inediti fenomeni climatici sono all’ordine del giorno, siamo tutti chiamati a rivedere le nostre azioni e scelte in funzione della salvaguardia del pianeta. Di seguito il testo integrale dell’Appello.

 

LINEE DI INDIRIZZO PER RIGENERARE I TERRITORI, ARTICOLAZIONI DELLA CONOSCENZA E FINE DELL’IGNORANZA INGIUSTIFICATA

1. Conoscere

La crisi ecologica si manifesta con eventi catastrofici, è sostenuta dal funzionamento quotidiano delle società industrializzate, genera cambiamenti climatici e riduzione della biodiversità. Per ragioni sistemiche crescono le situazioni d’incertezza e imprevedibilità proprio a causa della semplificazione della biosfera e la creazione di squilibri causa riduzione della complessità e interconnettività.Lo stretto legame tra benessere umano e salute dei sistemi naturali è alla base del “Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development” nel quale l’Assemblea generale dell’ONU nel settembre 2015 ha definito i diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals), fra loro interconnessi e tesi ad ottenere un futuro migliore con ottica transgenerazionale. Nel dicembre 2015 hanno portato all’Accordo di Parigi, primo accordo universale giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici anche se oggetto di alterne vicende e mediazioni. L’insieme di temi e loro disarticolazioni, che presuppone una intesa planetaria, va sostenuto anche da iniziative di scala ridotta. Questo quindi è un appello ampio, diretto a tutti, teso a sensibilizzare su quanto possono fare i singoli governi, le singole comunità, associazioni e gruppi di pressione e che quindi può avvalersi del contributo di ciascuno e di tutti.
Il progetto di “Dichiarazione dei Doveri dell’Uomo” in rapporto all’habitat e agli stili di vita, nel rispetto delle diversità, era animato da analoga tensione: una effettiva mutazione a scala globale richiede azioni consapevoli dei singoli e attenti monitoraggi. Venti anni fa “Sustainability Sustains Architecture” era uno slogan efficace. Oggi c’è necessità di approfondire anche come agire per far sì che nuovi principi per le trasformazioni degli ambienti di vita contribuiscano ad un pianeta sostenibile. Attualmente più del 20% degli europei abita in aree a rischio: occorre evitare incrementi e programmare processi di delocalizzazione. Conoscere è il primo importante passo per la conversione dei territori e per avviare un vero e concreto processo di trasformazione e di lotta ai cambiamenti climatici. Implementando Google [Microsoft, Apple o IGM in Italia] è possibile la rappresentazione simultanea – su layer distinti – di tutte le informazioni che riguardano i territori adeguandola man mano che si evolvono: aspetti geologici, idrogeologici, microzonazione sismica, vegetazioni, paesaggi, limiti, vincoli e via dicendo. Su questa base sarà possibile riportare progressivamente anche quanto riguarda le decisioni assunte relative alla pianificazione e al futuro del territorio. Queste informazioni devono essere rese agevolmente consultabili da chiunque, perseguendo l’obbiettivo di riportarle a congruenza, limitare gli errori, facilitare la formulazione e l’esame di alternative, ma soprattutto velocizzare le procedure e le decisioni.

2. Rigenerare

Rifuggendo ogni ottica settoriale, gli attuali apparati normativi vanno convertiti in raccomandazioni, debbono favorire il ricorso a materiali CO2 free, al recupero e riciclo, a sistemi zero emissioni CO2. Nello stesso tempo devono suggerire best practices; evitare consumo di suolo (in Italia 7% del totale, quasi il doppio che in Europa), assicurare massima permeabilità, densità, compattezza e intrecci funzionali nel costruito, flessibilità costruttiva, riciclo dei materiali, ciclo dell’acqua, compresenze vegetali. Per decenni gli impianti tecnologici hanno contribuito a mitigare errori di concezione nei progetti e il mito della tecnologia ha reso fiduciosi della possibilità di spostare il corso di un fiume, di costruire su un terreno franoso, di far fronte alle forze della natura. I cambiamenti climatici hanno interrotto la consuetudine di pensare che gli uomini potessero dominare l’irruenza della natura, mostrando ormai inedite catastrofi e imprevedibili fattori moltiplicativi.La fiducia nella tecnologia sta spingendo, inoltre, verso azzardate proposte di geoingegneria, in cui il contrasto ai cambiamenti climatici è affidato a ciclopici progetti in atmosfera o nello spazio, ignorando oltre settant’anni di studi sulla complessità della biosfera e l’impossibilità di prevedere le conseguenze di lungo termine dell’invasività tecnologica di larga scala sul sistema planetario. Le tecnologie consentono di indagare, conoscere, monitorare, innestare simulazioni e previsioni, velocizzare l’informazione, mettere in immediata relazione fenomeni diversi e prospettare le conseguenti soluzioni. Case passive, principi nZEB e logiche della “città dei pochi minuti” limitano la domanda di energia e facilitano il ricorso a fonti rinnovabili.Si tratta di fondere quanto fin qui programmato, governato e attuato in maniera separata: pianificazione, edilizia, aspetti sociali ed economici.

3. Facilitare

Compete alla politica sviluppare ottiche transgenerazionali e agire con visione sistemica e non settoriale: quindi innestare criteri di finanziamento e inserire obiettivi di recupero e misure ecologiche nelle disposizioni urbanistiche ed edilizie. Ogni comunità deve dotarsi di spazi di vario livello ove raccogliere testimonianze del suo passato, rappresentazioni del presente, simulazioni delle alternative sul suo futuro. In tal modo la trasformazione e la conversione dei territori potranno avvalersi di procedure di partecipazione civica supportata da esperti. Gli esperimenti condotti su piccola scala a livello internazionale attraverso l’impiego di metodologie partecipative di anticipazione, come i Future Workshop o il metodo dei Tre Orizzonti, hanno dimostrato che le comunità assumono maggiore consapevolezza e quindi condivisione del loro futuro se possono discuterlo e determinarlo collettivamente. Il carattere della crisi ecologica e l’urgenza di cambiare modi di costruire e abitare, di avvalersi di energie rinnovabili, di intervenire su comportamenti e mobilità richiede il coinvolgimento di una grande varietà di attori, con responsabilità, risorse, competenze diverse e ampi spazi per poter elaborare e discutere i percorsi di conversione ecologica in un processo partecipativo e coproduttivo. L’habitat participatif sensibilise les habitants au respect de son environnement humain et naturel, et incite à utiliser des techniques constructives «frugales», à remplacer la griserie de la vitesse par les joies du jardinage; à remplacer l’individualisme consumériste par la solidarité, l’entr’aide de voisinage et le goût pour les produits locaux et naturels. L’articolazione nel tempo degli obiettivi, dei programmi e degli strumenti, richiede verifiche
costanti con cadenza almeno biennale “La burocrazia può essere considerata come una patologia amministrativa dove l’eccessivo accentramento, l’eccessiva gerarchia, l’eccessiva formalizzazione delle procedure tolgono ogni iniziativa, ogni senso di responsabilità a coloro che possono solo obbedire, mentre l’eccessiva specializzazione isola ogni agente nel suo comportamento… senza incoraggiarlo ad esercitare la sua intelligenza… La burocrazia… racchiude. La responsabilità personale in un piccolo settore, ma inibisce la responsabilità personale di ciascuno verso il tutto di cui fa parte. In effetti, la burocrazia genera irresponsabilità, inerzia e disinteresse al di fuori del settore compartimentato in cui ciascuno lavora”. Edgard Morin
Nel 2019 si è fatto un passo importante per aumentare la disponibilità del vettore idrogeno prodotto da energia solare. Oggi è possibile agevolmente separare idrogeno e ossigeno attraverso l’elettricità e produrre idrogeno che non emette biossido di carbonio, infatti quando brucia produce solo acqua e quindi incide sui cambiamenti climatici. Le “Hydrogen Valleys” rappresentano aree geografiche dove diverse applicazioni di idrogeno sono combinate insieme in un ecosistema integrato, che prevede produzione, consumo, sperimentazione e formazione riguardanti il vettore idrogeno. Le Hydrogen Valley hanno un carattere territoriale e si riferiscono all’uso dell’idrogeno in prossimità del suo luogo di produzione. Nell’intento della Comunità Europea è importante il ruolo assegnato alle Hydrogen Valley nell’attività propulsiva verso il raggiungimento degli obiettivi, con particolare riferimento alla ricerca e sviluppo in chiave territoriale per la promozione dell’industria locale. L’approvvigionamento in ambito urbano e la relativa decarbonizzazione, da realizzare progressivamente fino al 2050, ha un ruolo fondamentale per l’importanza che le città rivestono in termini di attività energivore, definita dalle alte concentrazioni di tessuto abitativo e di logistica dei trasporti.

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