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Basilicata. La protesta dei pastori a Roma con molte altre regioni

La zootecnia della Basilicata a Roma con le altre regioni, ovvero un gregge della biodiversità. A pascolo, in una comoda stalla allestita davanti la sede del  Ministero dell’Agricoltura, pecore, montoni e agnellini delle principali razze italiane a rischio di estinzione. A sfilare immerse nel fieno la rustica pecora sarda, la pecora sopravissana dall’ottima lana, la pecora comisana con la caratteristica testa rossa o quella massese dall’insolito manto nero.

E’ ripresa la protesta dai pastori sardi, organizzata dalla Coldiretti, a cui si sono aggiunti allevatori provenienti da Lazio, Toscana, Sicilia, Umbria, Basilicata e da altre Regioni italiane, in occasione dell’incontro con Governo e Regioni al Ministero delle Politiche Agricole per la presentazione delle misure messe a punto contro la crisi della pastorizia. Il 30 settembre mattina, oltre un migliaio di allevatori, guidati dal presidente nazionale Sergio MARINI, si sono dati appuntamento in via XX Settembre per denunciare una situazione diventata insostenibile. Le ragioni della protesta? “Dalla mungitura quotidiana di una pecora si ottiene in media un litro di latte che viene pagato fino a 60 centesimi al litro con un calo del 25 per cento rispetto a due anni fa – ha denunciato la Coldiretti. E non va meglio per la lana con i costi di tosatura e di smaltimento che superano notevolmente i ricavi o per la carne quando solo a Pasqua, quella venduta dall’allevatore a circa 4 euro al chilo viene rivenduta dal negoziante a 10-12 euro al chilo”.

Il settore ha registrato un incremento dei costi, in particolare per il combustibile, l’elettricità e i mangimi. Secondo un’indagine dell’Organizzazione, scomparso un allevamento di pecore su tre negli ultimi dieci anni in Italia. Sono “false” due fette di pecorino su tre vendute negli Stati Uniti dove le imitazioni prevalgono a scapito del prodotto originale proveniente dall’Italia. In esposizione tra i pecorini di tutt’Italia (romano, siciliano, toscano, siciliano,  sardo) anche il pecorino lucano, quello di Filiano Dop.

“La presenza di prodotti pecorini “taroccati” sui mercati internazionali – ha affermato il presidente Coldiretti Basilicata Piergiorgio QUARTO – è una causa importante della crisi del settore. Si registra un crollo delle esportazioni pari al 32%.  Il giro di affari annuo della sola Lactitalia ammonta a  4 milioni di euro, immettendo sul mercato marchi che ricordano il made in Italy come Dolce Vita, Toscanello, Pecorino. Lactitalia è una società di proprietà della Simest, controllata dal Ministero dello Sviluppo Economico e dai Fratelli Pinna attraverso la Roinvest con sede a Sassari, con amministratori, tra gli altri, Andrea PINNA, che è vicepresidente del Consorzio di Tutela del Pecorino Romano, e Pierluigi PINNA, consigliere dell’organismo di controllo dei formaggi pecorino Roma, Sardo e Fiore Sardo Dop, che dovrebbero promuovere il vero pecorino e combattere la concorrenza sleale e le contraffazione. Il grave attacco al Made in Italy, di cui lo stato italiano si è reso complice, sta costringendo molti allevatori a chiudere, con drammatici risvolti per l’intero ecosistema. A rischio anche la biodiversità lucana visto che, gli allevatori, da sempre sono moralmente e praticamente i veri “tutori” della biodiversità regionale.

La chiusura delle aziende agricole rischia di lasciare senza presidio molti territori montani”. Presentato lo scorso 6 settembre un progetto di piattaforma per il rilancio e lo sviluppo del settore “Una filiera ovi-caprina tutta agricola e tutta italiana”. Sul piano strutturale – si legge nel documento –  occorre costruire una filiera che elimini le intermediazioni e consenta il rapporto diretto con il mercato e i consumatori mentre occorre intervenire sulla trasparenza della filiera e del mercato e sull’informazione del consumatore con l’obbligo di indicare in etichetta la reale origine della materia prima impiegata. Tra gli altri punti elencati la ristrutturazione dei debiti bancari e previdenziali, l’incremento delle indennità compensative, lo sblocco dei pagamenti per il Psr, la verifica del funzionamento delle organizzazioni dei produttori e l’istituzione di un osservatorio per il monitoraggio dei flussi del latte. Si preannunciano altre mobilitazioni in piazza.

Il 12 e 13 novembre, in programma a Nuoro, una protesta a cui parteciperanno tutte le delegazioni d’Italia della Cia. Anche quella lucana sarà presente con propri rappresentanti e allevatori. L’organizzazione, la scorsa settimana, durante l’audizione presso la Commissione Agricoltura e produzione agroalimentare del Senato, ha presentato una piattaforma  di proposte: la dichiarazione dello stato di crisi; il varo di un apposito Piano di settore; la costituzione di un Tavolo nazionale permanente presso il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali; il blocco del pagamento dei mutui, oneri sociali e previdenziali per un periodo sufficiente alla ripresa delle attività produttive; provvedimenti comunitari e nazionali finalizzati a governare la volatilità dei prezzi e il mercato; azioni di valorizzazione e promozione dei prodotti. 

“Il settore ovicaprino – ha detto Donato DISTEFANO, presidente Cia Basilicata  – va inserito in un piano regionale della zootecnia. Abbiamo oltre 400 mila capi tra ovini e caprini che rappresentano un enorme patrimonio da difende e da tutelare, tra latte e carne, tra produzioni di eccellenza come i pecorini di Filiano e Moltiterno e l’agnello delle Dolomiti lucane.  La zootecnia ovicaprina è una delle prospettive delle nostre realtà montane e sono oltre 2000 le aziende titolari in regione che rischiano di chiudere se non si pongono in essere misure urgenti”.

(articolo di Iranna De Meo, referente Basilicata per l’Arga Campania-Calabria-Basilicata)

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