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Campania. Terra Madre Day: salviamo Carditello. La nota sui lavori del Convegno del 10 dicembre

Nell’agricoltura le radici del futuro: 10-12 dicembre 2010, Cultura, spettacoli, degustazioni, enogastronomia e mercato nel Sito Reale di Carditello, San Tammaro (Ce). Carditello: Tesoro d’Italia, Patrimonio dell’Umanità.

C’era molta gente al convegno che ha dibattuto per oltre tre ore il tema del recupero e riapertura definitiva della casina, un tempo succursale delle due sedi reali di Napoli e Caserta all’epoca dei re Borbone, nella tenuta di Carditello. C’erano molti addetti ai lavori tra cui tecnici, progettisti, presidi universitari, amministratori regionali, provinciali e comunali e, soprattutto, sindaci. Tra i tanti presenti anche lui, Gianfranco NAPPI, presidente dell’associazione Oltre il Giardino, ideatore e promotore dell’iniziativa per il rilancio del riassetto sia dei regi lagni che della piccola reggia posta nel comune di S.Tammaro, insieme all’associazione Siti Reali presieduta dal dinamico e giovanissimo Alessandro MANNA.

Ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi, in una sala ampia ma ghiaccia, che il sole a stento riusciva a penetrare ma solo per dare luce, non il calore richiesto dai tanti anziani bene incappottati. Interventi incentrati soprattutto sul futuro del comprensorio dei 24 comuni attraversati dai lagni (una volta fiume Clanio da cui deriva il termine Lagno), e dell’uso cui destinare alla casina. Tutti progetti interessanti, ma tutti rigorosamente e per forza di cose ancorati ai dì che verranno. A dire il vero, l’interesse per il tutto l’aveva mostrato proprio Gianfranco Nappi quando,  assessore regionale all’agricoltura per soli sette mesi (dopo ci furono le elezioni con capovolgimento politico), firmò alcune delibere sia per la valorizzazione della tenuta che per il riassetto dei regi lagni. Un anno fa, l’8 dicembre, per quegli atti  in questa stessa sala gli entusiasmi volarono alle stelle: i 24 sindaci in primo luogo sentirono che le istituzioni maggiori non li avevano abbandonati. L’organizzazione della macchina tecnica mossa con la guida attenta ed esperta di un bel gruppo di personalità nazionali e non, ha dato vita al progetto dei regi lagni pronto a partire proponendosi come giardino da donare all’Europa. Nel 2050. 

I sindaci, intanto, hanno provveduto a quanto di loro competenza, pulire i canali e censirli: tra i 1200 e 1700 (secondo grandezza)! Ma le due delibere che riaprivano le porte del parco per la realizzazione dell’orto mediterraneo e la realizzazione di un centro di promozione istituzionale della filiera bufalina, cambiata la gestione alla Regione, sono ferme al palo. Pare che, nel frattempo, il Consorzio abbia problemi di fondi (si parla di insolvenze di 30 milioni) che forse la Provincia di Caserta avrebbe risolto chiedendo alla Regione il comodato d’uso del sito Borbone a costo zero. E si parla anche del tentativo, allo stato considerato molto concreto, di alienare a privati l’intera tenuta. Ma su questa ipotesi i sindaci hanno fatto fronte comune: Carditello non si vende né svende.  Questo lo stato dei fatti, più o meno, come li ho percepiti ascoltando i vari interventi.   

Ma il cronista non ascolta solo le parole: si guarda intorno e scopre cose che non dovrebbero esserci, laddove si magnificano le enormi possibilità di sviluppo del sito e del comprensorio. Per spiegarlo bene comincio da stamane, quando mi sono messo in macchina e seguendo le indicazioni ricevute sull’invito, ho percorso l’asse viario (Nola-Villa Literno)con uscita a Carinaro. Là una grande rotonda ma nessun cartello che indicasse la direzione per Carditello o quanto meno per S.Tammaro, comune nel quale insiste la tenuta. Un giardiniere marocchino mi ha indicato una strada che poi è risultata sbagliata e così, tornato indietro e rimessomi sull’asse viario, sono uscito appena ho visto il cartello per Capua. Anche su questa nuova strada nessuna indicazione che mi indicasse il sito. Durante il mio girovagare ho ammirato una casa circondariale: testimonianza di necessità in una zona ad alto rischio di frequentazioni malavitose e camorristiche; un sito di trattamento dei rifiuti, tanti i compattatori maleodoranti in fila ma la raccolta dei rifiuti qua funziona; alcuni capannoni industriali e campagne addormentate; attraversato strade piene di buche e fossi e sempre senza alcuna segnalazione di cartelli direzionali. Prima un benzinaio, poi un contadino, quindi  una giovane extracomunitaria in sosta accanto al fuoco su un lungo vialone, mi hanno guidato a San Tammaro, finalmente indicato da un piccolo segnale stradale, quasi a volersi nascondere alla vista degli umani. Quindi un altro cartello del tutto simile, minuto,finalmente mi ha confermato di essere sulla strada buona per la tenuta. Dopo quattro km in perfetta solitudine ho intravisto la piccola ma austera reggia.

Prima riflessione. La promozione di un territorio parte dalle possibilità di penetrazione che esso concede, e per chi non lo conosce c’è un solo mezzo: la cartellonistica stradale che nel comprensorio è nulla. Zero. I sindaci non se ne sono mai accorti? Loro ci vivono, non ne hanno bisogno, ma chi viene da fuori? La cultura dell’accoglienza non si studia sui banchi comunali?

L’accesso al parco attraverso un cancello abbastanza datato, senza guardiania, è agevole, anche se i segni di abbandono sono subito evidenti, il vialone di accesso cosparso di ghiaia, è aggredito da erbacce, sullo sfondo un cantiere con ferraglia arrugginita, e un mare di macchine parcheggiate su un lato del viale nasconde erbacce e incuria che non sono segnali confortanti. La costruzione è bella, imponente ma la facciata rimessa a nuovo accattivante, anche se circondata alle ali da ruderi di altre strutture: stalle, cucine, laboratori? Si cercano e attendono risorse per la loro riattazione. Arriveranno mai?

Un amico mi accompagna a visitare quella che un tempo era il quartiere generale del re cacciatore che, dopo Caserta, reggia ufficiale per ricevere dignitari e ambasciatori,  e San Leucio,  villaggio dove, avendovi impiantato la fabbrica della lavorazione della seta, aveva creato una comunità moderna affastellando casa, chiesa, lavoro e scuola, in un unicum in cui le famiglie del tempo avevano trovato pane e lavoro, era la preferita dal re che aveva una smodata passione per la caccia e, si racconta, per tutte le donne degli altri…. Dopo le due realtà, Caserta e San Leucio, oggi tenute benissimo a cominciare dai servizi elementari a quelli tipici richiesti da turisti e vacanzieri, quindi piene di visitatori c’era, dunque,  Carditello, un tempo ugualmente bella e attrezzata per ospitare la corte che il re si portava dietro ad ogni occasione. Una casa costruita come la reggia, sfarzo e sontuosità, stanze affrescate con camini e scaloni in marmo pregiato, stalle e cucine perfettamente funzionanti e dal primo piano la vista che spazia fino sotto le colline circostanti e oltre, verso i  monti del Matese.

La visita ha riservato sorprese e sgomento: dove i marmi delle scale, dove quelle dei camini, dove gli affreschi? Dove gli addobbi della chiesa, i pomelli delle porte, il mobilio che pure c’era? Stanze nude, spoglie degli affreschi letteralmente strappati dai muri, alcune delle quali rimesse in sesto da restauri al grezzo ma quanto squallore, quanto abbandono, grazie al quale i ladri hanno fatto e disfatto a loro piacimento. In alcune stanze, ammassati sotto la polvere, i resti di quello che fu il tentativo di un museo del contadino, circa trenta anni fa…

Seconda riflessione. Un posto del genere, bello alla vista di chiunque, andava tutelato, protetto, cioè sorvegliato, messo in sicurezza. Il sindaco di San Tammaro, (ma anche quelli prima di lui) che ne rivendica l’appartenenza, (l’ha fatto anche oggi), nei fatti cos’ha fatto per impedire  tutto questo sconquasso? E cosa farà dal momento che un cancello chiuso dimostra che non basta a proteggere la casina?

Durante il convegno non sono mancati spunti di riflessione sul cosa fare del sito e quali percorsi dovessero approntarsi per l’incanalamento dei regi lagni. Progetti che a detta di alcuni potrebbero disturbare il nascente aeroporto intercontinentale di Grazzanise (fino ad ora chimera e basta) o per altri la trasformazione della casina in centro commerciale agricolo con ristobar, show room e negozi vari, cinema, teatro e discoteca, aprendosi ad un  consumismo in grado di ripianare i 30 milioni di debiti e creando posti di lavoro, vera calamita per padri preoccupati. E il museo della civiltà contadina? La città biologica? La promozione dei prodotti caseari bufalini? Il parco bio per le comunità circostanti? In questi tre giorni di feste e convegni se ne parlerà tantissimo, la gente ascolterà e valuterà, e poi ognuno dovrà fare la sua parte. Qualcuno ha detto da domani. Amen.

(Nota di Gianpaolo Necco, Consigliere Nazionale dell’Unaga per l’Arga Campania-Calabria-Basilicata)

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