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Gruyère d’alpeggio, il re dei formaggi svizzeri: i segreti della sua eccellenza nel reportage di Sabrina Pinardi inviato Arga Lombardia al Dairy Press Tour Ifaj

Dici Svizzera e pensi a tre cose: banche, cioccolato, formaggio. Anzi, pardòn, Gruyère. E’ lui, il formaggio a pasta dura prodotto tra i cantoni di Friburgo, Vaud, Neuchatel, Jura e alcuni villaggi del cantone di Berna, il re dei latticini della Confederazione, esportato in più di 50 Paesi (i mercati maggiori sono Stati Uniti, Germania e Francia), in grado di assorbire da solo il 15,8 % della produzione nazionale di latte (primato minacciato dall’Emmentaler, che si avvicina con un 14,5 %).

SUA MAESTA’ IL GRUYÈRE D’ALPAGE SVELA I SUOI SEGRETI – Il Gruyère Aop (Appelation d’origine protégée) non è, però, tutto uguale: ne esiste una categoria a sé ugualmente tutelata, il Gruyère d’alpage, cioè d’alpeggio. La ricetta base è la stessa (latte di due mungiture, caglio naturale, nessun additivo chimico, alimentazione delle vacche basata su erba d’estate e fieno e cereali d’inverno, banditi gli insilati), ma le differenze ci sono: il formaggio d’alta montagna può essere prodotto, ad esempio, soltanto d’estate, dalla fine di maggio ai primi cenni d’autunno, in ottobre, quando le vacche sono al pascolo.
Cambiano le quantità che arrivano sul mercato, ma cambia anche la qualità (il formaggio d’alpeggio è ricco di Omega 3) e, come conseguenza di questi due fattori, il prezzo: i “fromager” d’alpeggio riescono a spuntare una remunerazione maggiore: circa il 20% in più.
Ed è stata una questione di prezzi a spingere i soci della Fribourg Alpine Cheese Producers Cooperative, nata nel 1998, a occuparsi non soltanto dell’affinatura delle forme e della loro conservazione, ma anche della commercializzazione: è successo nel 2000, quando la distribuzione decise di abbassare i prezzi di due franchi al chilo.

DA 60 TONNELLATE DEL 2000 A 112 DEL 2012 – Ora il prezzo possono deciderlo loro, forti dell’unione di 32 latterie (50, in tutto, i produttori di Gruyère d’alpeggio) pronte ad affrontare un futuro promettente: “La produzione è stata rivitalizzata – spiega il presidente della cooperativa André Remy -. Siamo passati dalle 60 tonnellate del 2000 alle 112 del 2012. Ed è eccitante vedere come le nuove generazioni credano ancora in questo prodotto”.

UNA TRADIZIONE MILLENARIA – Un prodotto che, pur guardando al futuro, rimane ancorato a gesti millenari: si comincia a parlare di un formaggio a pasta dura con le caratteristiche dell’attuale Gruyère già agli inizi dell’anno Mille, e da allora poco è cambiato. Ancora oggi il latte della sera viene fatto riposare per tutta la notte a una temperatura compresa tra i 15 e i 18 gradi, al mattino viene scremato e unito al latte munto al mattino (un po’ come succede per Parmigiano Reggiano e Grana Padano). Dopo aver unito il caglio e i lieviti, per il latte comincia la trasformazione e dopo una quarantina di minuti assume l’aspetto di una massa gelatinosa. A questo punto il casaro rompe la cagliata e quindi il formaggio viene scaldato per circa 40 minuti a una temperatura che varia dai 56 ai 57 gradi.
Nei caseifici si usano caldere da 4.800 litri, da ciascuna delle quali escono 12 forme di Gruyère. I produttori d’alpeggio fanno queste operazioni all’aperto, in una caldera di rame che poi viene scaldata sul fuoco a legna. Il grosso è fatto: ora non resta che dare la forma, aggiungere il codice di identificazione e immergere quella che sarà la forma di Gruyère in acqua salata.

STAGIONATURA – Il tempo farà il resto, durante l’affinamento su bancali rigorosamente di legno: per diventare il re dei formaggi svizzeri il Gruyère impiega dai cinque (qualità “classica”) ai dodici mesi (premium quality), ma alcuni produttori fanno maturare le forme fino a 24 mesi.

POLITICHE DI PREZZO – Il prezzo che si può spuntare dipende dalla qualità, testata
dall’associazione “Interprofession du Gruyère” (oltre 2.300 latterie socie), che valuta le forme in base alla consistenza, al gusto, all’aspetto esteriore e alla conservazione. Per difendersi dalle insidie del mercato e da possibili cali di prezzo, i produttori hanno però un’arma in più: un sistema di autoregolazione basato su quote di produzione, discusse e decise da un comitato. Chi sgarra, producendo più del consentito, viene multato. Cosa che ai nostri produttori di Grana e Parmigiano è invece vietata dalla norme Ue.
Si sa, essere un formaggio svizzero ha i suoi privilegi.

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